L’ultima delle quattro bottiglie aperte alla degustazione di lunedì sera è stato questo Lagavulin 21 anni, invecchiamento in botti di sherry (quercia spagnola, non americana) e 6642 bottiglie prodotte – tutte peraltro scomparse dal mercato in poco tempo. La Lagavulin ha praticamente smesso da anni di vendere botti a imbottigliatori indipendenti (e nei pochi casi in cui ciò accade, non si può indicare esplicitamente il nome della distilleria sull’etichetta), e anche gli imbottigliamenti ufficiali sono davvero pochissimi. Tutti eccellenti, però, a partire dal classico 16 anni che tanti di noi ha folgorato sulla via di Damasco, facendoci cambiare rotta verso Edinburgo e persuadendoci che tutto sommato il whisky è una cosa buona e giusta. Questo 21 anni è un oggetto di culto, vediamo se giustificato: il colore è ramato chiaro, a gridare “sherry” ai quattro venti.
N: sulle prime, anche se la gradazione non è affatto respingente, il naso è piuttosto chiuso, a spiccare sono note di cuoio, di tabacco da sigaro. Torbato, minerale. Annotiamo quella tipica affumicatura da Lagavulin, per ora piuttosto leggera, quasi a contornare gli aromi da sherry: cera, fiammiferi – l’apporto sulfureo è molto delicato e molto buono, mai sgradevole. Odore di pioggia sul ciottolato in un giardino (dai, l’avrete presente…!): quel senso di chiusura di cui sopra è avvicinabile ad un più astratto senso di umidità. Poi, pian piano, ecco venir fuori il lato fruttato: arancia amara (candita), cioccolato all’arancia; frutti rossi, ma piuttosto timidi, più che altro ‘sporcati’ dalle note minerali e tabaccose di prima. Liquirizia amara. Panettone caldo. Con il tempo esce anche un lato balsamico (eucalipto, più che mentolo). Legno, deliziosamente speziato; anice stellato, pochi sentori di cannella. Complessivamente, eccellente interazione tra sherry e malto torbato; costante evoluzione.
P: buonissimo, evolve per fiammate. Cask strenght, non ha bisogno d’acqua. È magnificamente isolano, con note affumicate molto composite: cenere, carbone, “camino spento” per intenderci. La torba è tosta, si sente molto. Attorno a ciò, ecco una deliziosa dolcezza amarognola, ancora sull’arancia (marmellata d’arancia, soprattutto) e sui frutti rossi (mora). Leggermente speziato (pepe? zenzero?).
F: infinito. Fragola matura, cioccolato ai frutti rossi; liquirizia ancora. Soprattutto, però, spiccano le note isolane: tanta torba, un fumo delizioso: falò sulla spiaggia, diremmo (o barbecue sulla spiaggia? si sente quasi arrosto), dato che la marinità viene fuori soprattutto qui (alghe secche, non sale).
Sì, il culto è giustificato. È un whisky semplicemente buonissimo, ma quando parliamo di armonia e bilanciamento in questo caso non si pensi ad un malto docile, morbido: anzi, la sua maggiore qualità sta proprio in una sua ‘rozzezza’ di fondo, è come se il lato torbato/affumicato e quello sherried fossero una coppia di amanti orgogliosi, senza compromessi. Registriamo poi che l’evoluzione del malto con il tempo (l’acqua è del tutto superflua nonostante la gradazione) è davvero notevole. Potremmo annusarlo e berlo per ore e ore: a pensarci bene, forse è meglio che sia una bottiglia introvabile…! Il nostro giudizio è di 94/100; Serge la pensa più o meno come noi (è sempre rassicurante a posteriori trovare analogie tra le nostre recensioni e le sue… vuol dire che non andiamo proprio del tutto a caso!), e anche Jim Murray nella Whisky Bible (del 2010: in quella del 2011 scrive il giudizio ‘sbagliato’ dell’anno prima ma con i voti aggiornati… eddai Jim, più attenzione!) insiste sulla bontà del lato più selvaggio e spigoloso.
Sottofondo musicale consigliato: Kristin Asbjornsen – I wish to weep, dall’album Factotum.
2 thoughts on “Lagavulin 21 yo (1985/2007, OB, 56,5%)”
[…] tempo disponibile solo presso la distilleria; il Port Ellen 8th release, di 29 anni; il mitico Lagavulin 21 yo del 2007; infine, come chicca posta a impreziosire un parterre già di altissimo livello, un Ardbeg […]
[…] Lagavulin 21 yo (1985/2007, OB, 56,5%) – 94/100 […]