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Botti da orbi: East London whisky team

Oh East London
is wonderful
oh East London is wonderful
it’s full of tits, whisky and West Ham
oh East London is wonderful

Il coro dei coloriti tifosi del West Ham non suona esattamente così. Diciamo che – al posto del tradizionale distillato di cereali – la metrica prevede un’altra piacevolezza della vita specialità dei ginecologi. Il fatto è che l’East End sarà pure la “London’s historic home of distilling”, ma Lea Valley, l’ultima delle sue gloriose storiche distillerie, ha chiuso nel 1904, quindi i poveri hooligans per le loro canzoni hanno dovuto accontentarsi. Fino ad ora, almeno…

Se si arriva dalla fermata Mile End, dopo una passeggiata lungo il Regent Canal che dalla ressa del Big Ben e Piccadilly ti proietta magicamente in un angolo di Amsterdam o Amburgo, la prima cosa che si vede è la ciminiera, che faceva parte di una vecchia fabbrica di colla. Un edificio che, dal 2014, in quest’area residenziale abbracciata da canali pieni di barconi chiamata Bow Wharf, è diventato la sede della East London Liquor Company.

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Il bar e – dietro – la distilleria: location ideale per un video dei Kasabian o dei Kaiser Chiefs

Varcato il cancello del cortile, ci sono due corpi di fabbrica. Uno è lo shop/ristorante/BBQ, dove si organizzano cene e degustazioni, l’altro la distilleria vera e propria. Anche se – appena entrati – la sensazione è di essersi sbagliati. Un enorme salone e un bancone da bar ancora più impressionante possono farti credere di essere finito in un locale indie. Ma dietro la bottigliera, attraverso un vetro, si vedono sfavillare gli alambicchi. E tutti i dubbi evaporano come alcol nel collo di cigno.

ELLC Distillery
In fondo, dietro la bottigliera, gli alambicchi di ELLC. A destra il pot still dedicato al whisky

Eppure – come spiegano Rose & Rosie, a cui spetta l’ingrato compito di rispondere alle domande del nerd curioso in gita – la sensazione di essere in un bar non è casuale. E ha a che fare con il fondatore dell’ELLC, Alex Wolpert. Che dopo una carriera da bar manager in un ristorante del centro, è incappato in una rivoluzione personale che si chiama paternità. Notti insonni e pannolini non si addicono a chi deve fare le 5 di mattina con lo shaker in mano. Da lì, l’idea di mettere su una distilleria, ma senza dimenticare l’amore per la mixology.

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Alex Wolpert, fondatore di ELLC

Dicono che un altro motivo per cui Alex si è tuffato in questa avventura sia che “si era stancato della gente che ordinava sempre il distillato più costoso”. E dunque, ecco la filosofia di base: produrre qualcosa di accessibile in grado di rivaleggiare in qualità con i migliori spiriti. Il tutto senza rinunciare alla trasparenza, sia in etichetta sia con la vetrata che abbiamo di fronte, da cui si vedono le colonne di rettifica.  Nel 2015 inizia ovviamente con il gin, London dry e barrel aged, a cui seguono una 100% English vodka e un Demerara rum. Utilizza due alambicchi tedeschi, entrambi Arnold Holstein: quello da 450 litri per il gin, quello da 650 per rum e vodka. Poi, nel 2017, il grande salto, con un pot still da duemila litri. Obiettivo: il primo whisky di East London in oltre un secolo.

Prima di proseguire con il tour, bisogna fare un inciso. Dopo il boom del gin, ora è il whisky a fare eco con un’esplosione di interesse che è inevitabilmente anche un’esplosione di affari e marketing. Se nel 2018 l’Inghilterra per la prima volta ha superato la Scozia come numero di distillerie, un motivo c’è. E non è filosofico. Il whisky funziona, vende. Ha costi di stoccaggio molto più alti del gin, ma consente di mettere sul mercato imbottigliamenti di tre anni a prezzi da 18 anni. Certo, bisogna raccontare una storia. E utilizzare l’aggettivo “primo” funziona sempre. Così, persa per un soffio l’occasione di scrivere in etichetta “il primo whisky di Londra” perché bruciati sul tempo dalla London Distillery, ecco la dicitura “first East London whisky”. Il che – dicono i maligni – “è come dire il primo vino rosso imbottigliato nelle Fiji”: lascia il tempo che trova.

Chiusa la parentesi cinica e globale sul proliferare delle distillerie nel Regno Unito, si torna fra gli alambicchi per capire cosa si fa qui. “L’English whisky ha un disciplinare molto flessibile  – spiegano R&R -, il che ci consente di sperimentare e divertirci”. Per esempio con sua maestà la segale. Infatti, il primo whisky a uscire dagli alambicchi di Bow nel settembre 2018 è stato il London Rye®, di cui ELLC ha anche brevettato il nome. Il padre biologico è Andy Mooney, il master distiller irlandese che gioca con ogni tipo di barile, dal cognac al vermuth, dall’acacia all’orange wine biologico. Oggi il core range si è arricchito anche di un single malt e di un imbottigliamento in partnership con i ragazzi di Sonoma, ma prima di ficcare il naso nei bicchieri è doveroso ficcarlo in distilleria.

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Il fermentation tank con la sua schiumina

Dove da due anni ha fatto la comparsa un mash tun, arrivato a far compagnia ai tre tini di fermentazione da 4mila litri. Fermentazione che dura cinque giorni e che avviene grazie a una miscela di lieviti particolare: “Un lievito nostro, si può dire quasi della casa. E un lievito saison (belga, ndr) che cambia durante l’anno, così che si ottengono batches di London Rye® sempre differenti, stagionali appunto”. Per inciso, le proporzioni del mash recitano: 42% segale del Norfolk e 58% “extra pale malted barley” forniti dal Crisp Malting Group.

Mentre mi accompagnano in cantina, dove maturano i barili (c’è chi dice che vengano anche ruotati al suono di musica techno, ma non ci sono conferme ufficiali…), R&R raccontano di come l’impresa stia attraendo parecchio interesse. Il crowdfunding su Crowdcube, avviato per raccogliere 750mila sterline, ha già raggiunto 1,3 milioni, con 927 investitori. “Facciamo cose che berremmo noi”, spiegano orgogliose. E che si vendono bene, come testimoniano i due shop cittadini, al mitico Borough Market e al Seven Dials Market di Covent Garden.

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Le tre espressioni lanciate a ottobre

Ok, finora si è parlato molto e si è bevuto poco, percui è tempo di assaggiare i tre rilasci dell’ottobre 2019. Prima di lanciarci nell’esperienza sensoriale, piccolo accenno estetico. Il logo, un cavallo rovesciato, è una citazione storica, poiché nella vecchia fabbrica la colla era prodotta con le carcasse animali. Invece la bottiglia e il packaging, senza dubbio originali e di effetto, sono accuratamente studiati da Stranger & Stranger. Il tappo – di metallo pesante e con la mappa di Londra – è bellissimo, roba da tenerlo sulla scrivania come fermacarte.

ELLC Single Malt (2019, OB, 47%)
Il primo single malt prodotto qui è invecchiato in un mix di botti: Sonoma bourbon, Sonoma rye e Kentucky bourbon. Al naso è dolce e leggero, quasi erbaceo (fieno?): bucce di pera, zuccherini alla banana. Lieve gelato alla vaniglia, un tocco di miele e limone. Col tempo un filo di burro d’arachidi emerge: una personalità non totalmente definita, che la gioventù è bella ruggente qui. In bocca invece si fa più centrato, molto dolce e biscottoso: shortbread, wafer con crema di cioccolato al latte, miele. Di nuovo zucchero e pera Williams. Finale corto, acerbo e dolce.
Inevitabilmente semplice, data l’età (non specificata) e l’uso di barili non eccessivamente marcanti. Non mostra difetti marchiani, ma neanche un fascino irresistibile. Come cantava De Gregori, il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette, quest’altr’anno giocherà con la maglia numero 77/100

ELLC Sonoma collaborative blend (2019, OB, 45.5%)
Frutto dell’amicizia e della collaborazione fra Alex e Adam Spiegel, della Sonoma, è un blend di ELLC London Rye maturato in varie botti (ex peated, PX e rovere francese vergine) e bourbon Sonoma. All’olfatto è immediatamente aromatico, con amarene fresche, polvere di cacao e un che di floreale. Spezie della segale e pane tostato. Poi, però, la livella dell’alcol si abbatte un po’ troppo pesante e le potenzialità vengono tarpate. Al palato è meno aggressivo, anche se un po’ meno esuberante dal punto di vista aromatico. Pane di cereali, ancora ciliegie, cioccolato. Le spezie della segale avanzano, pan pepato e cannella. Finisce sulle note di arancia e amarena.
Fra tutti, il più promettente, soprattutto al primo naso. Il marchio di fabbrica Sonoma è riconoscibile e l’aroma di ciliegie e amarene di fatto accompagna tutta la bevuta. Per l’eleganza, occorrerà aspettare ancora qualche anno. 78/100

ELLC London Rye® batch #2 (2019, OB, 47%)
Il secondo batch è stato inveccchiato 4 anni in un mix di botti di PX ed ex peated che hanno contenuto gin… Se non è sperimentale questo! Ad ogni modo, si apre con una botta balsamica inattesa. O forse l’impatto del gin doveva lasciarla presagire? Amaro medicinale (con la relativa dolcezza), genziana. Poi un che di sarsaparilla e bacon. L’influsso dei barili ex torbati è tutto qui. In bocca invece si fa più evidente, con caramello bruciato e una nota di marmellata o frutta cotta rimasta un po’ troppo sul fuoco. Prugne, o forse – ma sarà suggestione – sloe gin. Si fa largo ancora una nota erbacea. Il finale invece rimane più standard, di segale affumicata.
Il più divisivo del trio, ma anche quello con più carattere. C’è oggettivamente tanta (forse troppa?) carne al fuoco: la segale, la torba, la dolcezza dello sherry, il tocco del gin… Il risultato è un carnevale un po’ disordinato ma suggestivo. Lo si può odiare o apprezzare, ma di sicuro non lo si può ignorare. 78/100

Riassumendo, la ELLC esemplifica bene il nuovo hype intorno al whisky inglese. Start-up agili, imprenditori giovani e pieni di idee, location piacevoli che uniscono impianto produttivo e accoglienza e che strizzano l’occhio a una clientela più giovane, più legata ai cocktail bar che alle distillerie di Scotch. La sensazione è che la passione ci sia e che l’idea di fondo (puntare sulla segale, legarsi alla zona di East London) funzioni. I prodotti, invece, per ora non sono ancora arrivati alla soglia dell’eccellenza. Hanno potenzialità e creatività, ma occorre pazienza. Senza eccessi di stravaganza e con qualche anno di maturazione in più, qualcosa di ottimo fiorirà, sulle rive del Regent’s canal.

[Una piccola nota: East London Liquor Company è distribuita in Italia da Italiana Liquori e Spiriti, quindi per assaggiare il primo Rye Inglese non è necessario andare fino a Londra!]

 

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