Ultimamente abbiamo scoperto che Glenglassaugh, da sempre il ‘cugino sfigato’ di GlenDronach e BenRiach, sta iniziando a diventare un giochino molto divertente… Oggi lo mettiamo alla prova con la recensione di Glenglassaugh Octaves Peated, Batch 2: si tratta di botti piccole, appunto, ma variegate, dato che c’è ex-bourbon, ex-sherry Oloroso ed ex-Porto. Età non dichiarata, 44% di volume alcolico, colore ambrato scuro – ci aspettiamo legni esuberanti e non troppi sussurri, vediamo.

N: naso molto ricco ed esuberante, con fiammate di pasticceria. Treccine con miele, uvetta e marmellata di frutti rossi. Crema catalana, vaniglia e caramello. Paradossalmente la torba sta un passo indietro, sotto forma di aghi di pino bruciati. A tratti la gioventù emerge ma senza risultare scapestrata.
P: la gradazione è azzeccata: non ha alcolicità disturbante ma il whisky è sostenuto, bello vivo. Di primo acchito esce con violenza la vinosità, più la parte di Porto. Marmellate di vari frutti neri, con tanto zucchero caramellato (creme brulée). La dolcezza è abbastanza estrema, davvero spinta, ma a sorpresa non ci dà alcun fastidio. Inchiostro e torba (legno e sottobosco bruciacchiati).
F. leggermente inchiostrato e con torba in crescita, tra suggestioni medicinali e balsamiche. Il vino è ancora potente, ma non astringente. Un sugo di frutti neri che avvolge la bocca a lungo.
Un whisky che parla chiaro, che sembra non fare prigionieri, ma che poi alla fine non è così spinto da risultare pretenzioso. Trova una sua dimensione amichevole, stimolante. Non complessissimo, per carità, ma decisamente godurioso. Sicuramente adatto a matti accoppiamenti gastronomici, per gli esperimenti selvaggi dei peccatori più incalliti: 86/100.
Sottofondo musicale consigliato: Khruangbin – Summer Madness.
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