Dopo esserci scaldati con il Ben Nevis 7 yo di ieri, entriamo nel vivo dello spettacolo con il secondo atto dell’opera di Wilson & Morgan. Decolliamo alla volta di Islay, destinazione Bunnahabhain distillery, e – come in un combattimento fra galli, ma meno cruento – facciamo sfidare un 18enne e un 30enne, entrambi imbottigliati nel 2019. Il primo è fully matured in sherry butt, il secondo ha passato 26 anni in second fill bourbon e 4 in Oloroso sherry wood. Sul ring, vestito da arbitro, l’uomo che per noi ha seguito la degustazione online qualche giorno fa. Gong!

Bunnahabhain 18 yo (2001/2019, Wilson & Morgan, 59,7%)
N: la retroetichetta lo definisce “sorprendentemente muscolare”, Luca Chichizola gli dà del maleducato. Che severità, vogliamo anche picchiarlo questo povero Bunna? Inizialmente è un po’ chiuso, proprio su note di cantina e pavimento di warehouse, quasi funghi secchi. Accanto, però, ecco la marinità: iodio, ma anche un tocco fresco di balsamo tigre e rabarbaro. Crosta di sale sul Margarita. Pian piano si spalanca uno sherry oscuro, cupo e aguzzo: bucce di albicocca, chinotto, After Eight. Oloroso con la sua coltre di frutta secca, un che di salsa di soia e una nota sporchina, quasi sulfurea, di cuoio bruciato.
P: una bomba H di sapore. La nota organica di stalla emerge all’ennesima potenza, con cuoio e liquirizia salata. Poi qualcosa che ricorda il libro antico. Lo sherry si fa largo con un carattere vinoso un po’ strano, nel senso che in questo panorama di stalle e libri antichi non ci aspetteremmo il peperoncino e i chiodi di garofano e forse neppure delle noci pecan così tostate da sembrare bruciate. Eppure il risultato è pieno, coerente e legato. Cioccolato extra-fondente, caffè della moka ed erbe di montagna amare.
F: lungo, piccante, speziato e tostato. Zenzero, uvetta bruciata e liqurizia.
Non sarà un Lord inglese, ma ha più palle di un flipper. Fieramente estremo, orgogliosamente identitario. L’insieme di sale, piccantezza e nota organica gli fa prendere a schiaffi il mondo (e anche il palato di chi beve, eh…). Anti-ruffiano, decisamente non per tutti, ma a noi i ragazzi di carattere stanno simpatici. Un 86/100 secco come un upper-cut sul mento.

Bunnahabhain 30 yo (1989/2019, Wilson & Morgan, 47,6%)
N: il fatto che sia un finish in Oloroso e che sia sensibilmente più vecchio attutisce nettamente l’influenza dello sherry. L’anticamera è una goduriosa nota di mela calda cotta nello zucchero di canna, accompagnata da una bellissima sensazione di malto e miele millefiori. Soprattutto predomina la cera d’api (o forse è propoli?), soave, minerale e infinita. Non occorre aspettare molto che la goduria cambia faccia ma non piacevolezza: agrume – mandarino e succo di arancia Navel – e poi frutta matura tropicale. Ananas, crema di cocco, forse un poco di mango (Luca cita quelle note che emergono da una lunga maturazione in second fill bourbon, a volte risvegliate da un finale in sherry). Di sottofondo una parte umida di gesso bagnato e un poco di sale.
P: davvero speciale e di rara eleganza, con una serie di suggestioni differenti: si parte dagli agrumi esuberanti (arancia, mandarino, bergamotto), per arrivare alla pasticceria (crema all’arancia, pasta frolla), passando da cocco essiccato, torta al mango e un tocco di cioccolato al latte e tabacco dolce dato dal finish. Ancora cera e candela spenta, ma soprattutto una grandiosa parte salata (arachidi salate). Retrogusto di legno delicato, come di boiserie.
F: medio lungo e morbido, con burro, liquirizia dolce e marron glacé. Frutta esotica spolverata di sale e pepe bianco. Torna in primo piano il cereale.
Abbacinante nella sua grazia. Complesso, fine, con una texture setosa da far girare la testa. Non vive di picchi, ma splende per equilibrio fra la cera, la tropicalità e l’anima isolana. Bunna è nel nostro cuore, ma non sempre riesce a farci decollare per l’empireo dei sensi. Dateci della camomilla che siamo troppo eccitati: 91/100.
Sottofondo musicale consigliato: Sharon Jones and the Dap-Kings – This land is your land.
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