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Jameson Stout edition (2020, OB, 40%)

In pieno clima “ddl Zan”, anche il whisky pretende il rispetto della sua identità di genere. Dunque se un Irish non si sente delicato e piuttosto si sente nerboruto, è giusto che sia così. Accade per esempio con la serie Caskmates di Jameson, in cui il celeberrimo blended viene invecchiato in botti che hanno ospitato birra. In passato due di noi avevano assaggiato (e recensito) la versione in barili di IPA, finendo anche per fare quella cosa oscena che è versare un misurino di whiskey a forma di barilotto in una pinta di birra… Oggi proviamo l’espressione in barili ex Stout Franciscan Well, un birrificio di Cork. Lo abbiamo assaggiato durante il corso di Irish Whiskey del Whisky Club Italia, dove seguiva un Teeling definito “il nuovo livello di whiskey cattivo”. Spietati. Vediamo se sa di “olive, acido e merda” come ricordano amici. Amici nostri, ma non del Jameson Caskmates.

N. e dove cavolo avete messo la stout? Il primo naso è acidino e vibrante, mela verde, ciliegia fresca un po’ acerba, il Nelsen piatti e un ricordo di sciroppo per la tosse. Messa così sembra una schifezza, ma vi assicuriamo che non è così drammatico l’ingresso. Di sicuro è curioso, più che a una stout somiglia molto a una lambic e non ci sappiamo spiegare perché. Non ci sono lambic scure vero? Neanche se ci versate dell’inchiostro? Lime. C’è qualcosa di birra calda irrancidita, o forse una macchia di birra sui vestiti dopo il concerto o sul tappeto del pub.

p. è uno di quei casi in cui copieremmo semplicemente le note del naso. Perché al palato è identico: acido, agrume verde, birra sgasata lasciata lì. La differenza sta nella grande dolcezza di caramello che tutto pialla e avvolge e in un tocco di cioccolato o fava tonka che probabilmente è l’unico segno lasciato dalla scomparsa civiltà della Stout. Ah, il corpo attacca debole e poi un filo si tira su.

F. spunta del luppolo, un filo erbaceo. Rimane la dolcezza e poco più. La nostra idiosincrasia floreale ritorna come gli zombie.

Una sorpresa e una delusione insieme. Ci aspettavamo un olocausto di note tostate cioccolatose e caffettose e invece c’è al massimo un’eco di cacao e di luppolo. Il che ci fa piacere. Ma dall’altra parte, qualcosa di più “scuro” ce lo saremmo aspettati. In definitiva un Jameson bevibile e per nulla spaventoso, che poco ha a che fare con Guinness et similia. Quel che meno ci piace paradossalmente è la dolcezza spaventosa che dal palato si protrae nel finale fino a farti venire le carie. 79/100

Sottofondo musicale consigliato: Judas Priest – Paint it black, troppo facile usare l’originale dei Rolling Stones…

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