In tutti questi anni avevamo recensito un solo Banff. Disdicevole, ma comprensibile, considerando che fra le tante distillerie chiuse durante l’ecatombe del 1983 Banff non era di certo la più prolifica né la più popolare. Era piuttosto fra le più disgraziate, dato che nel corso dei 120 anni di attività ha collezionato un bombardamento nazista (con tanto di whisky sversato nelle acque e bestiame sbronzato a morte nelle campagne circostanti) e svariati incendi, l’ultimo dei quali scoppiato otto anni dopo la fine della produzione. Ad ogni modo, oggi provvediamo a triplicare le recensioni di Banff su questo sito grazie a Jacopo, che come vi abbiamo già raccontato è tornato da Limburg con un trolley pieno di campioni di pregio. Dunque eccovi due imbottigliamenti ultratrentennali, entrambi distillati negli anni ’70, quando il fuoco diretto era appena stato mandato in pensione.

Banff 36 y (1975/2012, Malts of Scotland, 43.8%)
Il bourbon barrel #12015 ha regalato 165 bottiglie. C: oro. N: si apre con uno dei nasi più incantevoli e originali di sempre, tutto incentrato su pollini, fiori ed essenze aromatiche elegantissime. Ma andiamo con ordine: dicevamo del polline, della cera d’api e del miele d’erica che ci accoglie. Un preludio a un lato più cremoso, profumatissimo. Olio di argan, dice Zuc, che evidentemente ne usa ettolitri per umettare la sua folta barba. Ma anche burro di karitè e burro di cacao. Da qui si apre una frutta zuccherina e vivace, incredibile per un whisky così maturo: mela Ambrosia, pesca nettarina e le frittelle di mele. A chiudere un lato dolce davvero godibile c’è una nota di torroncino morbido al pistacchio. Cavalier Condorelli, è sempre un piacere. P: mette subito in campo un’intensità curiosa, perché è data dall’insieme di tante delicatezze: come se mille ballerine classiche conquistassero l’acciaieria Azovstal. Il grado è al limite, ma non è la potenza che andiamo cercando qui. Anche il palato si apre floreale e a suo modo cremoso, anche se a dire il vero è più un senso di panna e pane imburrato con un velo di miele. Sì, perché qui il ruolo di protagonista se lo ritaglia il cereale, sotto forma di yogurt al malto, ma senza la parte acida dello yogurt. Non dimentichiamo la frutta, però: pesche, litchees, clementini. Con corollario di speziette gentili (noce moscata soprattutto, forse un filo di cannella). F: ancora malto tostato, morbido, con legno caldo e un’idea lontana di torbetta accennata.
Un whisky leggiadro, di rara eleganza, che cade a pennello sul palato. Il naso è da urlo, ha una nitidezza di profumi commovente. Al palato è “solo” eccellente, perfettamente in bilico tra frutta e spezie, con un mouthfeel avvolgente pazzesco. Indecisi fra 91 e 92/100, scegliamo il più alto per premiare il naso.

Banff 37 yo (1971/2008, The Dead whisky society, 53.3%)
Il barile #633 ha dato 565 bottiglie. Era forse un butt? C: oro chiaro. N: anche qui l’accoglienza riservata ai nostri nasi è stupefacente. Sembra quasi di degustare un rum! Ci sono pennellate decise di frutta grigliata (ananas soprattutto), esteri, idrocarburi. Non arriviamo ai toni quasi da smalto e vernice di certi Hampden, ma le prime note ricordano quel genere. La frutta, poi, è decisamente tropicale, con anche banana e cocco, avvolti dalla vaniglia. Però non è una frutta limpida, spensierata. Anzi, è solcata da tratti più misteriosi. Un tocco sporco che quasi ricorda la torba e un legno aromatico che ricorda le case di montagna, con la loro boiserie profumata e quasi balsamica. Il bicchiere vuoto sprigiona guizzi di arancia (Cointreau, più che altro) che finora erano rimasti inespressi. P: condivide con il Banff precedente lo stesso palato avvolgente, un abbraccio di candela, miele, favo colante. Rispetto al naso decollano le spezie (noce moscata, pepe bianco), anche se l’apporto del legno si mantiene elegante, senza eccessi di astringenza che dopo 37 anni sarebbero normali. La frutta è ancora gialla, con la banana che impera con le sue note un po’ marcescenti. La gradazione è perfetta, sostiene gli aromi e lo rende godibilissimo. Il secondo palato è un tripudio di fudge, morbido, goloso. F: lungo, ancora sul toffee, il gianduia, un legno aromatico e un filo di fuliggine.
Davvero molto diverso dal precedente, ma degno della stessa reverenza (e dello stesso voto: 92/100) per altri motivi. Meno elegante ed etereo, più ricco e costruito; naso meno inebriante, palato più godurioso. Corrado preferiva questo, Zuc il primo, Jacopo ha fatto trionfare il democristiano che alberga nel suo cuore. Insomma, due storie completamente diverse, entrambe con un lietissimo fine.
Sottofondo musicale consigliato: Kovacs – Bang bang. O era Banff Banff?
One thought on “Il gioco delle coppie: due Banff così, di botto, senza senso”
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