Torniamo a bazzicare le arroganti lande dei whisky da ricchi e lo facciamo con il fior fiore della produzione delle Lowlands, cioè Rosebank (fior fiore… Rose… poi ve la spieghiamo eh!). Nei nostri armadietti infatti sono germogliati tre samples provenienti da questa distilleria chiusa e ci sembrava cosa bella metterli insieme. Anche per celebrare l’imminente riapertura, rinviata a causa della pandemia. Sotto la guida del distillery manager Malcolm Rennie (ex Ardbeg, Glen Moray e consulente per l’avvio di Lochlea), la distillazione dovrebbe ricominciare a fine estate. Ma questo è il futuro, noi parliamo un po’ del passato, che quello si beve, mentre il futuro si immagina e basta.

Rosebank 12 yo Cadenhead’s (1989/2002, Cadenhead’s, 54.7%)
Un bourbon hogshead da cui sono state prodotte 276 bottiglie. C: oro. N: un filo chiuso e polveroso, piuttosto enigmatico. Qualcuno lo definisce “whisky d’ambiente”, nel senso che al primo naso sembra di entrare in una cantina. Spunta subito una nota di liquirizia e menta. Non c’è fumo, ma come se l’aria fosse spessa e intrisa di sentori: tipo un fumoir la mattina dopo, quando ormai la nebbia si è dissolta. La frutta è presente, tra mele essiccate, mela cotogna e composta di fichi. Ricorda anche il narghilè alla mela. Col tempo si fa più balsamico. Interessante. P: dall’interessante al buonissimo. Riesce ad essere sia austero sia piacevole. Partiamo dalla frutta, che diventa più gialla ed espressiva, con prugne gialle e mango essiccato. Mele ancora. Poi si sviluppa una parte cerealosa dolce-non-dolce. Ci spieghiamo: c’è del pandoro, ma è senza zucchero, forse è quasi pandolce genovese, con quel tocco di anice o semi di finocchio. Miele leggero. F: non lunghissimo, con liquirizia dolce e ancora un filo di fumo aromatico.
Era partito in punta di piedi, ma al palato esplode di meraviglia. Si sono tantissime sfumature di complessità, tante storie accennate in questo whisky. E costantemente, appena si pensa di aver colto qualcosa – la frutta, il cereale, il lato balsamico -, subito il whisky cambia registro e stile. Non ci annoia mai, ma soprattutto non c’è mai un momento in cui non sia una bevuta eccellente. 91/100.

Rosebank 16 yo 25.40 ‘Gammon and pineapple’ (1990/2007, SMWS, 57.2%)
Distilleria n.25 è Rosebank, secondo la Scotch Malt Whisky Society. Questo è un 16 anni. C: oro rosa. N: un filo sporco e metallico, con note di legno e quasi di brodo saporito. Poi si spalanca la porta della pasticceria: pastafrolla alla frutta, sfoglia, baklava, Amaretto. La frutta è molto concentrata sugli agrumi, kumquat e mandarino. Ci viene in mente l’anatra all’arancia, ma senza l’anatra. E il sugo di arrosto ma senza l’arrosto. Insomma, c’è qualcosa di umami che non arriva al meaty. P: molto carico e strano, come si poteva intuire già dal naso. Rimane in prima linea l’arancia, ma ora si affiancano anche note di carote cotte e banana, più dolci. Il legno è vivace, dà una sorta di frizzantezza alla bevuta. Piccante, zenzero, tabacco da sigaro. Una bella sensazione di bitter al cacao, che vira al caffè. F: carruba, frutta secca, brioche integrale al miele.
Un altro genere rispetto al primo. Qui siamo in territori molto più enigmatici, dettagli di un whisky che si fa fatica a capire da dove arrivi e dove vada, ma che sa farsi amare. Il naso è particolarissimo, ci ha stregati. Al palato forse è meno profondo di quanto ci saremmo aspettati, ma comunque sembra una cartolina da uno stile di un altro tempo: 89/100.

Rosebank 14 yo Caledonian (1992/2006, Pacific Caledonian, 58.5%)
Per un paio d’anni è rimasto nel nostro armadietto un sample con etichetta: “Tullibardine NAS”. Bello scherzo del Gerva, che ce lo ha dato in incognito. Ad ogni modo, barile ex bourbon #1371, 238 bottiglie. C: paglierino chiaro. N: pulito e dolce, con dolcetti turchi alla mandorla glassati. Ananas, zucchero filato alla banana e fragoline di bosco. Molto molto nitido, con note di amido di stireria e un lato erbaceo, di tisana alla verbena, anice e menta. Fresco. P: ancora erbaceo, il primo palato è tra mela e assenzio, tisana alle erbe non dolce. Anzi, si fa quasi amarognolo. La dolcezza è azzerata, il corpo pieno, quasi bruciatino, a sorpresa. Sigaro. E qualcosa di creta, argilla. F: media lunghezza, pane, argilla e sale.
Terzo Rosebank, terzo profilo diverso. Una distilleria multiforme come l’ingegno di Ulisse. Pulitissimo, quasi più highlander che lowlander, con una curiosa dicotomia fra olfatto dolce e palato asciutto e fresco. Non il più complesso del mondo, ma forse quel che manca davvero è qualcosa in più sul piano della piacevolezza: 87/100.
Sottofondo musicale consigliato: Nick Cave e Kylie Minogue – Where the wild roses grow