Ripetere giova, quindi a distanza di 8 anni torniamo a sbevazzare il finish in Sauternes più famoso del panorama scozzese, ovvero il Glenmorangie Nectar d’Or. Non che gli affinamenti in botti che hanno in precedenza contenuto il celebre vino dolce francese che tante gioie regala in abbinamento coi formaggi siano poi tanti eh. Anzi, forse questo è uno dei pochi ad essere stabilmente nel core range. Ad ogni modo, bando alle ciance, che lo sapete già tutti cos’è il Nectar d’Or. La vera questione è capire se la qualità è rimasta la stessa. Il colore è… argento! No, ovviamente è oro, ma volevamo vedere se eravate attenti…
N: inebrianti sensazioni di miele appena stillato da un favo. La dolcezza è come ci aspettavamo, cioè implacabile: sciroppo alla camomilla, pear drops. E queste sono le note come dire un po’ più sticky. Poi ci sono quelle altrettanto zuccherose ma un po’ più piacevoli, come il profumo di dolcetti turchi, acqua di fiori che si usa nella pastiera, caramelle alle mele, biscotti secchi Zalet… Cereale, zucchero e note floreali si mescolano profondamente. E si fa strada anche un tocco di nocciole. Macedonia sciroppata, violetta, bergamotto e un filo di fieno.
P: eh, si può anche non amare il profilo, ma non si può negare che sia suadentemente piacevole. E a dire la verità al palato non è neanche così drammaticamente dolce come si sarebbe potuto sospettare. Pasta del pandoro, cedro candito, una bella nota di burro tiepido e cioccolato bianco. La mela è ancora protagonista, sottoforma di sidro (ma quello zuccherato irlandese, non quello aspro bretone o asturiano). Crema di mele. La parte vinosa ci sembra meno da dessert e più da vino bianco aromatico, tipo certi Chardonnay un po’ invecchiati e ossidati. Frutta secca ancora. Ecco, c’è un certo nervosismo negli scattini di legno che balenano qui e là.
F: torna dolce e mielato, sui toni della mela (renetta) e del pepe. Media lunghezza.
La dolcezza è come la lontananza, che è come il vento: va e viene. E qui parte spintissima, d’improvviso si quieta e poi saluta nel finale. Non vi diremo che è un whisky verticale e spietato, perché non lo è. E non vi parleremo della sua severità e della sua complessità, perché non eccelle in nessuna delle due partite. Però è meno dolce e stucchevole di quanto ci saremmo aspettati, e occorre ammettere che il Sauternes dà tanto, ma con equilibrio. E il risultato è dannatamente vibrante e piacevole. Premiamo con un 85/100. Avremmo pure dato un punto in più senza quei graffietti di legno al palato che non ci hanno convinti. Qui lo trovate in tutta la sua morbida opulenza.
Sottofondo musicale consigliato: Bertrand Cantat – Excuse my French
