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Piccole rece che voi umani… vol. 3

Non piove whisky, qui piovono solo chicchi di grandine grossi come testicoli di mammuth. E noi quindi ci chiudiamo in casa, accendiamo l’aria condizionata e ci scassiamo di whisky così, introvabili, irrecensibili. All’attacco.

Glenesk Connoisseur Choice (1984/2004, Gordon & MacPhail, 43%)
Fondata come Highland Esk nel 1897, nel 1980 è diventata Glenesk e nel 1985 ha chiuso. C: oro chiaro. N: minerali e frutte, cose che fanno bene. La frutta è asprigna, quindi limone, carambola, kiwi e passion fruit. Acido acida, ci sentiamo scossi, agitati, un po’ nervosi. Magnesia, gesso. C’è un netto old bottle effect, un senso di carta oleata e salotto chiuso. Affilato, molto highlander. P: di nuovo minerale e di nuovo molto diretto, secco. Si apre con la frutta (perfettamente coerente col naso, quindi acidello e agrumato), poi pian piano si aggiunge una dimensione di cera d’api e propoli, pepe bianco e sali minerali. Cedrata, anche. F: la parte meno convincente, con una sfumatura erbacea amarognola e un senso di cartone.
Essenziale, nella sua affilata precisione chirurgica che non lascia spazio ad altro se non a un distillato puramente Highlander, minerale, asciutto e senza alcuna concessione alle piacevolezze più facili. Abbastanza estremo, sembra più giovane dell’età dichiarata. Tiene bene l’alcol nonostante i quasi 20 anni in bottiglia e nonostante la gradazione bassa. Insomma, questo stile ci piace, ma il barile è davvero poco presente, più di 86/100 non daremo.

Lochside 18 yo (2001/2020, Murray McDavid, 46%)
Altra distilleria chiusa, fondata nel 1781 come birrificio a Montrose, cittadina della costa orientale della Scozia alle spalle della quale riposa placido il lago South Esk (ecco perché Lochside). La produzione è cessata nel 1992 e gli edifici negli anni successivi sono stati demoliti. Questo imbottigliamento proviene dal refill sherry cask #9636. C: ambra chiara. N: aperto ed espressivo, decisamente fruttariano. C’è proprio una macedonia, che parte dalla papaya, passa al melone e approda a frutta più “rossa”, dalle fragole alle prugne per arrivare addirittura all’anguria. Aranciata sanguinella, pure. La frutta è dittatrice, nel senso che lascia poco spazio ad altro. Non è vinoso, né legnoso, ma col tempo compare un po’ di tè, screziature di erbe aromatiche e un guizzo di anice stellato. Gran bel naso. P: non esplosivo, ma elegante. La frutta si fa più raffinata, rimanendo coerente col naso. Rispetto all’olfatto, però, il palato si arricchisce di una dimensione che ricorda la frutta secca, in particolare le creme di nocciola e i dolci alle mandorle. Eppure rimane sempre secco, con tabacco e una punta di Oloroso severo e pulito. Caramello salato, biscotti al cioccolato e noci. Oleoso. F: più lungo del previsto, con legno, liquirizia e ancora frutta secca.
Refill sherry comme il faut, unisce un naso fruttatissimo a una seconda parte più profonda e meno sbarazzina, fatta di suggestioni provenienti dal barile. La riduzione di grado non esagerata gli dona, e lo rende bevibile e ribevibile: 89/100 convinto.

Secret Orkney 22 yo (1999/2021, Fine spirits, 52%)
Sessanta bottiglie provenienti da un bourbon hogshead. C: oro zecchino. N: un profilo istituzionale che rappresenta al meglio la torba costiera, ma con qualche nota eccentrica e misteriosa. Qualcuno suggerisce “cerume di anziani”, ma non siamo sicuri sia una nota encomiabile. Piuttosto è un senso di carta vecchia e ciottoli scaldati dal sole sulla battigia. Insieme danno il cerume? Sono miracoli del whisky… Ad ogni modo, il malto è elegantissimo e presente, avvolto da miele, mele gialle e toffee. Tarte tatin sì, ma di albicocche, a sottolineare un accenno asprigno al naso (anche pomelo). L’anima marittima si sente: iodio e spuma delle onde. Con acqua, si amplia: reti da pesca stese ad asciugare. Un anziano pescatore con problemi di otite? P: si apre sorprendentemente fruttato, con brioche all’albicocca, pera matura, clementino e un bel caramello bretone. Pian piano si asciuga, emerge una nota di ardesia e sale, con la torbina che prende vigore. Pietra focaia, anche, e un guizzo metallico. Va a fasi, e l’ultima fase del palato è più cremosa, con crema cotta e un pandoro salato e torbato commovente. Setoso assai. F: è come se il finale fosse una riduzione all’essenzialità: zucchero, pere, sale e ancora quel tocco metallico, ora quasi pepato. Curiosità: due gocce d’acqua fanno emergere una nota verde e fresca di sedano e cetriolo.
Sfavillante nella sua multiforme bellezza. Tante cose, che durano poco, suggestioni fugaci e diverse, tutto tenuto insieme da un filo invisibile che fa curve incomprensibili. Il minerale, il fruttato, il maltoso, il metallico: ogni parte compare e scompare senza un apparente ordine, ma il risultato della complessa espressione è giusto: 90/100.

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