Chiudiamo – per ora – con gli imbottigliamenti di David, aka Chorlton whisky. Queste recensioni sono state un vero lavoro di squadra, con Corrado che ha tenuto la degustazione il 31 maggio e noi che abbiamo assaggiato i campioncini ognuno nella sua casetta, e qualcuno se li è pure portati in America per recensirli con calma. Che affiatamento, che scrittura corale, che etilismo! Ultimo whisky della settimana è uno Staoisha, ovvero un Bunnahabhain torbato: 8 anni in un first fill bourbon barrel e gradazione tonitruante di quasi 60 gradi. Un gran finale. Il colore è pallido, tipo vino bianco.
N: dolce, giovane e torbato. Che come titolo di un film avrebbe un suo perché. La prima nota che ci viene in mente è ardita, tenetevi forte: profuma di un Bloody Mary con mezcal e Tabasco chipotle. Ma sul serio eh, non per fare i guappi: ha una nota acetica pungente, una torba curiosamente più umida e terrosa che non isolana e una parte di dolcezza da barbecue. A cui aggiungiamo anche una dimensione verde, d lime, creosoto e perfino di cetriolo. La torba poi è presente anche nella sua forma più pura, proprio di lingotto di terra. Ah, non dimentichiamo la vaniglia, che esplode letteralmente con una goccia d’acqua. Portando con sé una freschezza di anice. Il first fill si sente…
P: non esattamente il più innocuo dei whisky. Il grado è abbastanza greve, ma si sopravvive. Cenere e sale, impastate a creare un panino in lievitazione. C’è una doppia anima netta in questo palato: quella torbata, fatta di fuliggine ostinata ed erbe bruciate, e quella dolce, di vaniglia, crema al limone e latte condensato. Ecco, una cosa che non ci saremmo aspettati – perché siamo stolti – è la cremosità. Siamo abituati alla “nudità” degli Staoisha, di un distillato costiero come quello di Bunna, e tendiamo a dimenticare quanto un barile attivo possa stravolgere il mouthfeel. Che qui è davvero goloso. Specie con la diluizione compare una nota di crema catalana.
F: cenere, zucchero, Danette alla vaniglia e stoicismo. E una punta di zenzero, nel fumo generale.
Senza acqua è un filo ostico, l’alcol può essere sfidante. Con due gocce d’acqua si apre, si addomestica e consente alla potenza vanigliata del barile di fare la sua parte. Ecco, la dolcezza è sicuramente il tratto più distintivo di un whisky che comunque non si sbilancia eccessivamente, grazie alla corrispettiva potenza torbata del distillato. Un 86/100 solo perché a noi Staoisha piace più selvaggio e indomito.
Sottofondo musicale consigliato: Fall out boy – Sugar, we’re going down
