Torna il rutilante appuntamento con i whisketti dimenticati e ribevuti a capocchia. Dai che abbiamo voglia di disimpegno e caos, disturbi epatici e rancore.

Usquaebach Reserve blended (anni ’80, Twelve stone flagons, 43%)
Marchio dal nome impronunciabile fondato a Inverness dai merchant Ross & Cameron nel XIX secolo. Passato di mano diverse volte, nel 1969 è stato comprato da un’azienda americana e tra gli anni ’70 e ’90 il blending era curato da Douglas Laing. Questa bottiglia è stata importata in Italia dalla Savas di Canelli. C: oro scuro. N: buono e cremoso, con pera cotta, polline e marzapane. Profumi di torta, crema al limone e burro caldo. Sfogliatine Vincenzi! C’è poi una dimensione più sherry, anche questa cremosa: toffee e shortbread. P: non esplosivo e più secco del previsto, con chips di mele, bucce di mela renetta, legno e zenzero. Anche miele selvatico. Si nota una torbina lieve, con frutta secca e sughero. Il palato centrale ha un crollo inaspettato, con un retrogusto di arancia amara. Buono il corpo, piuttosto oleoso. F: media lunghezza, più sullo sherry: cuoio, cioccolato e sigaro piccante.
Partiamo dal voto che è un sorprendente 84/100. Più che discreto se si considera che è un blended. Paga il fatto che la bottiglia fosse aperta da troppo tempo. A 46% avrebbe meritato 3 o 4 punti in più.

Strathisla 15 yo (2002/2018, Hidden Spirits, 51.2%)
Il barile ST218 è stato imbottigliato nel 2018. C: paglierino. N: strano, la prima nota è di glicerina, quasi di crema per le mani. L’alcol non è inerme, ma non riesce a quietare un cereale strabordante, ricco di malto e vaniglia. Anche mandorla e uno yogurtino al limone bello fresco. Si apre pian piano, con frutta gialla (mele e pere, ma anche tortina di carote) e striature di lana bagnata e semi di zucca. Migliora col tempo, compare del miele di zagara. P: una bomba di frutta scoppiettante, sembra succo tropicale frizzante: maracuja, ananas, ma anche un pestato con foglie di menta. Cioccolato bianco. La seconda parte del palato si fa più asciutta e “seria”: pepe bianco, noce moscata, qualcosa di bitter. F: lungo, cocco essiccato, legno e un guizzo sapido. E frutta, ma nelle retrovie.
Andrebbe pubblicizzato con lo stesso slogan della Guinness: good things come to those who wait. E qui se uno ha pazienza di aspettare, il whisky migliora molto. L’alcol si sistema, il malto emerge in tutta la sua ricchezza, la frutta esplode. Una bella esperienza, da 88/100.

Benromach 25 yo (2006, OB, 43%)
Refill american hogsheads per l’edizione imbottigliata nel 2006. C: rame. N: caldarroste dimenticate nel paiolo della polenta. Rame, verderame e fuliggine. Filtri sporchi. E tutto sussurra “Benromach”, perché queste note zozzine sono caratteristiche. C’è poi del malto e una valanga di frutta, che emerge pian piano in tutta la sua varietà: pesche, arance, caco. Tantissima fragola, prugne, scorzette d’arancia dragée. Crostata di fragole e Marlboro spente sopra. P: quasi liquoroso, pieno e denso. Cioccolato e arancia (Fiesta ti tenta tre volte tanto…). Ancora marmellata di pesche e di prgune, molto masticabile. Liquore di nocciole, toffee, caramella Elah liquirizia e menta. La torba fa un passo indietro. F: qui un filo più affumicato, con cioccolato, mandarino e spezie fumé. Bello lungo.
Quel che ci piace più di tutto è la sua grassezza: è un whisky pieno, complesso molto ciccioso e piacevole. La splendida commistione di lati sporchini e lati fruttati ci fa dire 88/100.