Parafrasando in chiave più rispettosa del comune senso religioso un audio diventato assai virale: dai che è venerdì, sample a nastro! Oggi mettiamo insieme il pranzo con la cena e assaggiamo tre Kilchoman direttamente dall’ultimo Milano Whisky Festival. Non vorrete mica la storiella di Kilchoman, ormai la sapete meglio di noi. Si beva, va!

Kilchoman 100% Islay (2023, OB, 50%)
La tredicesima edizione del single malt autarchico di Kilchoman è prodotto da orzo di varietà Publican, invecchia in bourbon barrels per un outturn di 13mila bottiglie. C: vino bianco chiaro. N: freschissimo, sorbetto al limone e alla mela verde con acqua di mare. Gazzosa torbata, vaniglia, un fumo verde che volteggia sulle nostre teste come le nuvole del cielo scozzese. C’è una parte vegetale molto croccante, tra insalata iceberg e succo di agave. Molto aromatico, aperto, dolce (zucchero a velo). Ricorda certi mezcal. Col tempo torna a fare capolino una nota che ricordavamo anche in qualche edizione passata: dolcetti allo zafferano. P: marino è marino, non si discute. E dunque attacco fin da subito sapido. E poi giovane è giovane, non si discute. E con la gioventù ecco il suo portato classico: acne giovanile e testosterone a mille. No, si scherza, intendevamo il limone candito, lo zucchero, la vaniglia e una torbina nervosetta più evidente rispetto al naso. Così come più evidente è l’alcol. Liquirizia, parecchia, in versione caramella e pura. La liquirizia si amalgama con un cereale salato e piccante. Retrogusto di radici, quasi. F: medio lungo, più cremoso del previsto e pulito. Pompelmo, sale e cenere.
Bella bevuta, pulizia totale, grande carattere e senso del luogo, il tocco salino che si ripropone è delizioso. Torba delicata, mai eccessiva, senza dubbio sempre uno dei whisky di Islay meglio fatti: 88/100.

Kilchoman Cognac cask (2023, OB, 50%)
Di questa edizione speciale invecchiata in barrique ex cognac ne sono state prodotte 15.100 bottiglie. Limitata, non limitatissima insomma. Invecchiamento di 6 anni. C: pallido. N: mmm, il buongiorno si vedrà dal mattino, ma questo non fa venir voglia di uscire dal piumone. C’è una nota un po’ umida e chiusa, di tappeti bagnati e muffette (che non sono simpatici animali). Le note alcoliche sono abbastanza pungenti, la torbatura subito sui toni del tizzone ardente, del fuoco in spiaggia appena spento, ma anche del piccolo incendio in un cantiere. Sa di zona industriale bruciata da poco. C’è anche una parte più dolce, ovviamente, tra la prugna cotta, la passata di mele cotogne, con punte di cannella e fichi. Pasticceria e un guizzo di acidità. P: attacca dolciastro e un po’ vuoto, come depotenziato. Poi si spalancano orde di spezie e un’astringenza ahinoi eccessiva. Bucce di mela, legno, mandorle tostate, il tutto avvolto da una cenere evidente. Vinosetto, con una zuccherinità ingombrante e in crescita. Caramelle Alpenliebe. F: ancora Alpenliebe, torba e legno. Più dolce e meno astringente.
Difficile spiegare perché non diamo più di 83/100. Forse perché soprattutto in bocca ci sembra un po’ scisso, con le note torbate che suonano un’altra melodia rispetto alla dolcezza. In più, manca di grazia, e risulta un filo stucchevole. Insomma, non un Kilchoman da ricordare per generazioni.

Kilchoman ‘Milan edition’ Blanc de Blancs finish (2016/2023, OB, 57.5%)
Eccoci al single cask dedicato a Milano, 1.100 bottiglie di single malt di 6 anni affinato in botti che avevano contenuto Blanc de Blancs. C: champagne! N: timidino, sembra uno di quegli studenti a cui bisogna tirar fuori le risposte con le pinze agli esami. Note di banana, crema di ananas, pane in forno, biscotti alla vaniglia. Ecco, una suggestione ci si è piantata in testa e non se ne va: sa di Cucciolone quando comincia a scaldarsi e a sciogliersi, quindi sa di biscotto e vaniglia ecco. La torba al naso è appena percettibile, il finish neanche quello. Due gocce d’acqua cambiano poco, rendono solo l’olfatto un po’ più morbido. P: eh qui invece qualcosa di inconsueto si sente, c’è come una punta acida e dolce immediata, che ricorda le caramelle all’uva spina. Lime, kiwi acerbo, ma anche una certa aria di Mojito, con il suo zucchero e la sua menta. L’alcol è molto ben integrato, non graffia mai. Anche la torba, presente nella sua versione spenta e costiera, è giustamente amalgamata alle note del finish. Diluito, la parte un po’ brusca e amaricante dell’albedo di agrume fuoriesce. F: non lunghissimo, più dolce, con vaniglia, cenere e frutta verde. Acidità contenuta. Con acqua meno dolce, ma sempre salatino in coda.
Sperimentale. Continuiamo a preferire i Kilchoman in bourbon, ma questo – che potenzialmente poteva essere divisivo – rientra nella categoria dei finish interessanti e fatti bene. Nel senso che il Blanc de Blancs conferisce al whisky nervo e acidità, ma non si esagera mai. Stiamo nella terra di mezzo dell’85/100.
Sottofondo musicale consigliato: Ash – Burn baby burn