Non è che ci avessimo pensato prima, ma per quei giri del destino per cui capitano delle coincidenze e non possiamo fare nulla per evitarle, si sono manifestati due samples di due imbottigliamenti di 16 anni di Cadenhead’s, entrambi in sherry. Troppa roba per non metterli insieme in un insensato derby di quelli che piacciono tanto a noi, che in ogni sfida di whisky rivediamo i match a Street Fighter o a Mortal Kombat della nostra infanzia. In un angolo, per lo Speyside, un barile singolo di Benrinnes invecchiato in sherry Fino; nell’altro, per Campbeltown, un Hazelburn in Oloroso. Del primo hanno fatto 282 bottiglie, del secondo 240. Picchiatevi come foste Ken e Ryu.
Benrinnes 16 yo (2006/2023, Cadenhead’s, 51%)
C: ambra chiara. N: un legno aromatico un po’ alcolico, come dei bastoncini di incenso immersi in spirito. Sandalo e patchouli, per un naso immediatamente profumoso, speziato e floreale. Una suggestione ci colpisce: la Ginjinha di Obidos, il liquore alle ciliegie portoghese. Perché sì, ci sono ciliegie, ma anche albicocche secche e pesche disidratate. Ecco, non c’è succosità in questo naso, piuttosto un accenno metallico molto tipico della distilleria e un’aria di viole invece molto poco atteso. P: molto compatto, in compenso un po’ criptico. L’ingresso è una coltre di caramello con delle punte di legno di rosa e liquirizia. Praline al caffè e mou, in cui spicca una nota decisa di noci. Poi c’è la frutta, che è molto sulle pesche al vino e sul maraschino. Zuppa inglese, pan di spagna e pan di segale secco, figlio dello sherry Fino. Sigaro cubano e cioccolato al latte, che aumenta con la diluizione. Che porta pure marmellate varie di pesche e albicocche. Qualcosa di erbe secche? Timo? F: medio lungo, pinolata e cannella, caffè tostato e frutta secca.
Un whisky severo, molto maschio. Ricco e carico, ma non di zuccheri, piuttosto di suggestioni da salotto e una frutta essenziale, disidratata. Non una bevuta da tutti i giorni, ma uno di quei dram che quando li hai in mano ci passi la serata. Per noi un 88/100.
Hazelburn 16 yo (2005/2021, Cadenhead’s, 58%)
Single cask ex Oloroso sherry per la serie “Wood range”. C: ambra. N: la tarte tatin di pere, amica e confortevole, si manifesta così, come una madonna di periferia evocata da qualche sedicente medium. Lo sherry è evidente fin da subito, ma declinato nei toni della frutta e delle creme. Uvetta, gelato di Malaga, zuppa inglese e crema all’uovo. C’è Gigi? No, sarà sceso a drogarsi al parchetto di Rogoredo, in compenso c’è la cremeria. Una cremeria tostamente alcolica, perché il grado si sente tutto. Al carnevale delle frutte appassite si aggiunge dell’ananas maturo e l’uva sultanina cilena, quella dorata e gigante. Oltre a questo c’è di più, come cantava Jo Squillo sulle gambe delle donne: un delizioso aroma di polline e un senso di iodio, di freschezza. Pelletteria sullo sfondo. P: pera, fortissimamente pera, per rimanere al boschetto di Rogoredo… Di nuovo crema all’uovo, ma oltre alla cremosità ora si aggiungono un certo senso sabbioso e una acidità più spiccata. Grafite, sale e macaron al lampone, a testimoniare una dolcezza di pasticceria screziata di elementi tipicamente campbeltowneschi. Qui l’astringenza morde le guance, té iperinfuso, cioccolato di Modica e noci. Ancora lamponi, Red Bull e pellame. Red Bull e pellame nostro nuovo binomio del cuore. F: pera, filetto di maiale affumicato e gianduia.
Somiglia a un Clynelish della stessa serie, che però ha bevuto solo Zuc senza recensirlo e quindi cosa ve lo diciamo a fare? Manca un po’ la delicatezza tipica di Hazelburn, così come la parte marina, solo accennata. Ce lo aspettavamo, gli invecchiamenti in sherry così marcati bullizzano spesso il distillato imponendo il loro volere, un volere prepotente, fatto di cuoio e lamponi. Che come dittatura non è neanche male, ma insomma 86/100 perché la beva non è esattamente agile.
Sottofondo musicale consigliato: Hollow coves – The woods
