botti da orbi dal ‘whisky live paris’ vol. 1

“Bella città Parigi… Certo non è Andria, non è Ascoli, non è Foggia… però bella cittadina, un po’ piccola ma bella”.
Posseduti dallo spirito guida di Tirzan, il camionista juventino impersonato da Diego Abatantuono in “Eccezzziunale veramente”, siamo stati al Whisky Live e torniamo con gli occhi ricolmi di maraviglia per quella che è sempre la più bella fiera del whisky al mondo. Dopo il Milano Whisky Festival che portiamo nel cuore, si intende.
Oltre alla nostra proverbiale sete e oltre all’entusiasmo di prendere parte alla ventesima edizione dell’evento annuale organizzato da La Maison du Whisky, c’era anche molta voglia di capire se in questo periodo complicato per il re dei distillati il clima di funebre catastrofismo che si respira sui social si riverberasse anche fra gli stand e fra gli appassionati. D’altronde, i dati della Scotch Whisky Association appena annunciati sono agghiaccianti: -18% in valore e -10% in volume di export, il che significa 4 bottiglie di whisky vendute in meno ogni secondo. Fa impressione.

Ecco, la buona notizia è che queste oggettive difficoltà economiche che investono il whisky – ma anche gli altri distillati non se la passano bene – non hanno spento la voglia di assaggiare e di conoscere del pubblico pagante. E pagante parecchio, considerati i prezzi dei biglietti. La fiera ha chiuso la sua tre giorni con 23mila ingressi (mille più del 2023), senza contare 30mila entrati alla Cocktail Street: un ottimo risultato. Empiricamente, la sensazione era quella di un pubblico bello pimpante e giovane, con più neofiti che super nerd. Quanto abbiano poi acquistato bottiglie, non si sa. Ma intanto la gente c’era e ha risposto presente, il che non era scontato.

Piccole note sparse, un “cherry picking” di novità e cose interessanti dalla fiera.

– i francesi, oltre ad essere sorprendentemente i maggiori bevitori pro-capite di whisky al mondo, ora si stanno appassionando anche alla produzione. La zona dedicata alle distillerie francesi (ormai esattamente cento, secondo la Fédération du Whisky de France) era impressionante. Poche realtà solide (Warenghem, Distillerie des Menhirs e Domaine des Hautes Glaces) e tantissimi micro-produttori artigianali, spesso provenienti dai birrifici. Volumi piccoli, cura maniacale per i cereali e i legni locali, tanta creatività, altrettanta gioventù. Parecchie cose interessanti, parecchie allucinanti, ad ogni modo una scena vivacissima che merita attenzione. Anche per capire cosa potrebbe avvenire in Italia.

– gli imbottigliamenti della Fireworks collection, ovvero le 40 releases della Maison&Velier realizzate per il 20esimo anniversario del Whisky Live e dell’edizione francese di Whisky Magazine. Whisky, rum, ma anche cognac e armagnac che in versione magnum da 1,5 litri sono in asta su finespirits.auction fino al 4 ottobre. Ogni visitatore aveva a disposizione un coupon per un assaggio casuale, tramite slot-machine digitale: ci è toccato un rum di Figi del 2001 che aveva la grazia di un missile balistico iraniano, comunque bellissime le etichette con illustrazioni giapponesi di fine Ottocento.

– la gente fa a botte per i Caroni. Cioè, letteralmente: è servito un buttafuori per tenere a bada la ressa quando è stata aperta sabato una delle bottiglie di Caroni Paradise n.6 e in generale il banchetto dei rum di Velier -che lavora in joint venture con LMDW – era uno dei punti più affollati. Curioso, per una fiera del whisky… Certo, se poi vengono presentati anche i nuovi imbottigliamenti della seconda serie Magnum a cura di Luca Gargano e di cui vi racconteremo più avanti, l’entusiasmo è più che giustificato: Saint James, Beenleigh, Clarendon e Hampden, di ragioni per accalcarsi ce ne sono…
– le Special Releases 2024 di Diageo, che abbiamo assaggiato di corsa, come si fa alle fiere. Abbastanza da avere un’idea sommaria, non abbastanza per recensioni serie: Roseisle 12 yo molto aromatico e piacevole, simile a quello del 2023; Oban 10 yo finish in charred oak e sherry, non indimenticabile; Caol Ila 11 unpeated in ex vino, un filo muto al naso e piuttosto allappante, da riprovare perché non lo abbiamo capito; Singleton 14 yo parzialmente affinato in botti dei Pirenei, splendido e piacevolissimo, da bere e ribere; Talisker 8 yo in “stone spun” e lightly re-toasted cask, procedimento complicato che vi spiegheremo un’altra volta: molto torbato, feroce, minerale; Lagavulin 12 yo finalmente di nuovo nel classico mix di botti first e refill bourbon, semplicemente il vecchio Laga 12 come lo abbiamo sempre amato.

– tendenze: forse qualcosa sta cambiando. Alla tavola rotonda sul collezionismo, moderata da Serge Valentin di whiskyfun, Angus MacRaild di “Decadent drinks” e Sukhinder Singh (ex whiskyexchange, ora proprietario di Tormore e della distilleria Portintruan in costruzione su Islay) hanno parlato della piaga della speculazione e di come i prezzi siano finiti fuori controllo. In troppi – il ragionamento di Sukhinder – hanno pensato che il whisky fosse una strada semplice per realizzare guadagni da fantascienza in poco tempo. Ora, davanti alla flessione del mercato, forse si comincia a capire che certi prezzi sono insostenibili e alla fonte – cioè la vendita dei barili – si abbassano le pretese. Sarà, intanto ancora mancava Macallan, che da un paio d’anni ha deciso di non partecipare più alle fiere con gli appassionati, e la cosa non depone a favore di una “normalizzazione”. Insomma, tanto per essere chiari: ci uniamo alla speranza che il whisky faccia qualche passo indietro nella strada che lo ha portato ad essere un asset più che una passione liquida, ma ci crediamo poco.

Esaurite le chiacchiere, a domani per una sequela di rece brevi sparate a ripetizione.