Abbiamo iniziato con i Valinch & Mallet nuovi e non smetteremo finché tutti i nostri samples saranno vuoti. Sotto con altri due, sempre della serie “Young Masters edition” del 2024.

Macduff 13 yo (2011/2024, Valinch & Mallet, 52.8%)
Il barile #800012 aveva contenuto Tokaji e ha dato 300 bottiglie. Macduff è una di quelle distillerie nate negli anni ’60 per i blended (Dewar’s) e non imbottiglia un core range vero e proprio, ma quando si trova dagli indipendenti è spesso considerato il prototipo del “whisky che sa di whisky”, serio e austero. C: aranciato. N: beh! Il barile fa il miracolo, il primo impatto è tutto votato alla piacevolezza, al carnevale di Rio e al panettone ai frutti tropicali che ogni anno qualche pirla dice essere il migliore d’Italia, non sapendo che il panettone è solo con uvetta e canditi, il resto è eresia. Ad ogni modo, c’è del mango candito, della torta di carote, perfino degli orsetti Haribo. Insomma frutta dolce processata, marmellata di pesche. Si aggiunge una bella nota floreale, come di pitosforo, o forse zagara. P: vagamente diabetico, nel senso che la dolcezza picchia duro fin da subito. Ha qualcosa di certi cognac, in questa frutta floreale che parte dalle prugne e arriva ai lilium: frutta cotta e fiori morti, diremmo, se questo fosse un haiku. Bizzarro, ci sono sensazioni di liquirizia ripiena, clementino, che si intrecciano al legno tostato. L’alcol è perfettamente integrato. Manca forse un po’ di scatto, il Tokaji lo impigrisce, lo rende confortevole. F: sciroppato, con legno, chinotto e Angostura.
Non siamo grandissimi fan degli invecchiamenti in barili di vino liquoroso, ma questo è fatto un gran bene. Tecnicamente il barile è ottimo, regala molti sentori fruttati, floreali e caramellati. E anche l’unione con il distillato non ha difetti. Decadentemente interessante: 85/100. Accattatevillo anche qui.

Glenburgie 14 yo (2010/2024, Valinch & Mallet, 52.7%)
Il barile ex Oloroso ha dato 299 bottiglie. Anche Glenburgie è un malto molto classico e old style. C: oro antico. N: vecchio stile ma anche vecchia aura. Si apre con un senso di malto più invecchiato dei suoi 14 anni, con tutta un’atmosfera di fiori appassiti, mobili tarlati e tappeti. Salotti dal passato e scatole di sigari. La parte fruttata ricorda una crostata alla marmellata di frutti di bosco, la mela rossa di Biancaneve (quella un po’ farinosa). Ma c’è di più: frutta secca oleosa (arachidi?), miele di castagno, fudge e una cera d’api profumata che confina con un che di floreale. Grande naso. P: …e anche un grande palato, fin da subito. Si apre pieno, secco ma lussurioso come la Kate Moss dei bei tempi. Ci sono ancora i fiori secchi, il potpourri; e c’è ancora il miele, ma non dolce. Pompelmo rosa, una frizzantezza tipo ginger ale e ananas. Forse maracuja. C’è da aggiungere una considerazione sul mouthfeel, che è il vero capolavoro: oleoso, setoso, avvolgente. Eppure il legno si sente, tutto rimane teso, acidino e severo. Mezzo miracolo, davvero. E c’è pure un accenno balsamico in sovrapprezzo. F: lungo, equilibrato, sale la parte citrica e subentra un retrogusto di cioccolato fondente vagamente amaro.
Faremmo volentieri delle trasfusioni di questo nettare: 88/100. Un whisky come una volta, in cui lo sherry accompagna il malto senza mai usurparne il trono. C’è una vivacità di fondo non semplice da trovare, accompagnata ancora una volta alla gradazione perfetta. In vendita anche qui.
Sottofondo musicale consigliato: John (Timestwo) – Future thinker