Abbiamo sempre sognato di fare i monaci, fin da prima di leggere “Il nome della rosa”. La sola idea di passare le giornate dormendo, mangiando, facendo l’orto, distillando gli amarini e fingendo di pregare ci sembra idilliaca. Ad ogni modo, è con questo retropensiero che ci avviciniamo ad ogni imbottigliamento di Lindores Abbey, la distilleria che sorge dove un tempo si trovava l’omonima abbazia, celebre perché la prima testimonianza scritta dello Scotch si deve a frate John Cor. Che appunto viveva a Lindores, paesino delle Lowlands a poche miglia dalle coste dell’estuario del fiume Tay.
Tagliamola corta. Beviamo il single cask (uno sherry butt da 732 bottiglie) dedicato dalla distilleria al mercato italiano, il primo realizzato per Fabio Ermoli, che importa il marchio con la sua Lost dram selection. Il colore è un mogano rossastro carico.

N: come il suv di una famiglia in partenza per le vacanze di agosto in Puglia: stracarico. Il naso è quasi materico, ci si entra a spallate. Ovviamente si apre con il legno sugli scudi, poi ecco una bordata di frutti rossi, dalla confettura di prugna all’uvetta, dalla ciliegia ai datteri. Sherry come se piovesse. Ma scendiamo un po’ di più nella tana del Bianconiglio di questo sherry, per trovare cose più eccentriche e più oscure, come una certa umidità (tabacco Kentucky), una nota di barbabietola rossa, del mangime per i pesci: puzzette, ricchezza e dove trovarle.
P: una dark sherry bomb, non c’è che dire. Le ciliegie nere, sia fresche, sia sotto spirito, sono regine. E si portano dietro marmellata di fichi, ribes nero, datteri… C’è tutta la gamma dei sapori dello sherry più scuro: liquirizia dolce, crostata. Il tutto tenuto comunque sui binari della solidità dal pepe nero. Masticabile, ampio, molto invernale. Sconsigliata l’aggiunta di acqua, si distrugge un po’. D’altronde l’alcol non è mai sgradevole, quindi non serve proprio diluirlo.
F: non lunghissimo, più sulla liquirizia che sulla frutta pura. Vira un filo all’albedo di arancia.
Un bello sherrone, fatto bene, diamo subito il voto e togliamoci il pensiero: 87/100, anche se non è il nostro genere favorito ne riconosciamo la potenza. In tutto questo, ci chiediamo però un’altra cosa: perché un utilizzo così massiccio della botte sherry con un distillato gentile, senza delle spallone tali da supportare un influsso possente del legno. Il risultato è che lo spirito ne esce sovrastato. La cosa positiva è che rimane comunque un gran bel whisky.
Sottofondo musicale consigliato: Tito & Tarantula – After dark