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Nikka ‘Nine decades’ (2024, OB, 48%)

Per Halloween, abbiamo un dolcetto per voi. Oddio, a 3mila dollari a bottiglia potrebbe anche essere uno scherzetto, ma noi non l’abbiamo pagato quindi ci prendiamo solo il dolcetto. E vi raccontiamo l’imbottigliamento speciale di Nikka per il suo novantesimo compleanno.
Di Nikka sapete già tutto perché da anni leggete le nostre noiosissime spiegazioni, quindi non staremo a ripetervi di quanto Masataka Taketsuru sia stato importante in Giappone: è il demiurgo, il padre e il nume tutelare del whisky giapponese, punto e basta. Piuttosto, state ben attenti alla labirintica composizione di questa release, che porta a compimento il piano di edizioni limitate iniziate nel 2021 con la serie Discovery: prima l’inversione Yoichi non torbato e Miyagikyo torbato; poi la coppia Aromatic yeast; e ora questo. Che è bello complicato, fidatevi.
Nel “Nine decades” ci sono 50 componenti diversi, distillati in 6 differenti distillerie: Yoichi e Miyagikyo, le due distillerie di single malt del gruppo; Moji e Satsuma Tsukasa (grain); Nishinomiya (grain distillato in Coffey still e invecchiato); Ben Nevis.
Non saremo esaustivi sui 50 componenti perché abbiamo pietà di voi e perché anche noi nel nostro nerdismo assoluto a un certo punto ci siamo stancati di grafici e tabelle, mostrate con assoluta nipponica precisione durante la presentazione al Whisky Live Paris. Però vi basti sapere che qui dentro c’è dello Yoichi degli anni ’40, Miyagikyo del ’68 e Ben Nevis degli anni ’60. Se invece siete interessati a come funziona il processo di blending, con batches e sub-blend che vengono poi uniti, beh chiamate in Giappone e chiedete che ve lo spieghino, perché era così cervellotico che ci è venuto mal di testa anche senza bere. Cosa che facciamo invece ora. Il colore è mogano.

N: frutta straordinaria, si inizia con una papaya rossa e succosa, poi melone. Ma non basta, perché ci sono le pesche mature, le albicocche che si spappolano, se ci fosse il giudizio universale di frutta, beh sarebbe questo naso. Il legno, aromatico (sandalo?) rende tutto più profondo e complicato: note di armadi con la biancheria, canfora, naftalina, fiori secchi. Salotti vecchi e anziani in salotto, gonne di una volta. Non abbiamo annotato una cosa, quando parlavamo della frutta: c’è un guizzo vivace e acidino che ricorda a tratti la buccia dell’albicocca, quella asprigna, e a tratti le clementine. Ad ogni snasata emerge qualcosa di nuovo. A volte rosa, anzi legno di rosa. A volte tamarindo. A volte un filo di fumo (palo santo). Chiudiamo questo naso caleidoscopico con quei tratti di emeroteca e carta vecchia, tipo i libri rilegati in pelle, di cui si parla quando si assaggiano whisky antichi. Sul finire un accenno quasi sudato. Straordinario, anche se mai intensissimo.

P: ripetiamo la considerazione finale: manca un semitono di intensità per renderlo indimenticabile. Però, intendiamoci: non siamo di fronte a un whisky bolso. Anzi, l’impatto del primo sorso è tutt’altro che debole. Molto più virato sul legno e sulla spezia rispetto al naso, però. Si apre con una nota distinta di china, di anice stellato e cardamomo, che si riverberano per tutto il palato. Poi ci sono frutte cotte meno distinguibili, un accenno di zenzero, ancora cola, tamarindo e un tabacco dolce. Quel che più colpisce è la persistenza delle spezie, di una piccantezza profonda, non data dall’alcol ma dal tempo trascorso nel legno. Marmellata rappresa di ribes nero, mele rosse cotte. Pieno, anche se non di corpo oleoso.

F: non infinito, il legno si stempera nella frutta (melone, albicocca) e nelle spezie dolci.

Nove decadi? 90/100. Ma non solo per il nome. Ovviamente è un whisky composito, iridescente, costosissimo, austero. Ha tutti i crismi della grandezza, ma gli manca qualcosa per l’immortalità. Nella fattispecie, per il nostro gusto personale rimane un filo troppo legnoso al palato e sul finale. Ovviamente non è liquido da bersi a pinte, ma da studiare e indagare intellettualmente.

Sottofondo musicale consigliato: Francesco Guccini – Asia (sì, non è sul Giappone, lo sappiamo: ma a noi piace il verso “sta sospesa in aria l’immensa millenaria sua cultura”)

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