La scorsa settimana si è chiusa con un Highland Park non dichiarato: oggi invece ripartiamo con un HP che non si vergogna della sua identità, perché lui è fatto così, e sono gli altri a doverlo accettare per come è. Noi condividiamo la sua battaglia, e alziamo i calici tra strilli di giubilo. 22 anni in un hogshead ex-sherry, gradazione piena: bene così.
N: questo è un naso da top player, non c’è verso. La prima suggestione è di candela alla fragola appena spenta, e riassume quasi tutto: la torba, leggera, fumosina ma delicatamente austera, con stoppino; la frutta, esuberante ma delicata anch’essa, fragola, mela gialla, albicocca matura. Note di cera, a spandere una patina incantevole su un profilo arricchito anche da note erbacee, di foglie, forse timo? Eccellente.
P: monumentale, un mix perfettamente integrato tra frutta rossa e torba. Lamponi e mirtilli dolci danzano un ballo perfetto con un poco di fumo, una coltre di cera deliziosa… Mamma mia, ne berremmo a secchiate. Ha anche una nota leggermente erbacea, cenni di erbe aromatiche mediterranee. E vi stupiamo se diciamo che riusciamo a sentire il sapore del chicco di cereale dolce?
F: lungo, intenso; lunghissimo, intensissimo anzi. Ancora torba austera, fragola, lamponi… Candela appena spenta. Che delizia.
Semplicemente eccezionale: Highland Park al suo meglio. Quando un whisky leggermente torbato incontra un barile ex-sherry, il risultato può essere disastroso: non in questo caso però, con eleganza, raffinatezza, bilanciamento tra spigoli e amenità, facilità di bevuta e complessità aromatica. Tutto quel che ci piace è qui: 92/100.
Sottofondo musicale consigliato: Depeche Mode – Freelove.
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