Se Lele Adani è diventato un meme vivente ripetendo “facciamo calcio” su ogni profilo social, noi non vogliamo essere da meno. E dunque eccoci qui a dire “facciamo whisky”. Nel senso che è tempo di lanciare due nuovi imbottigliamenti della ormai celeberrima, mitica, indimenticabile “Black cat series”.
Va beh, anche meno direte voi. Ma suvvia, lasciateci godere un po’ delle gioie degli imbottigliatori indipendenti…
Un paio di anni fa, durante un Whisky Festival a Monaco di Baviera, ci era capitato di incontrare i ragazzi di una distilleria tedesca che conoscevamo più che altro per aver commercializzato un whisky dedicato a Bud Spencer. Siccome Zuc – presumibilmente per affinità estetica – è un fan di lunga data, è andato in avanscoperta. E ha avanscoperto i sorprendenti single malt di St. Kilian.
Tra i tanti che ha avuto modo di assaggiare, ce n’era persino uno torbato invecchiato in botti di vino rosso austriaco. La cosa incredibile è che era pure buono. Ora, se qualcuno riesce a rendere decente un invecchiamento in vino rosso austriaco, ha senz’altro delle qualità. E dunque, abbiamo chiesto qualche campione di single malt. Quel che ci è arrivato ci ha stregato, e ne abbiamo scelti due.
Il primo è il barile #2276, un barile che aveva contenuto in precedenza Tennessee whiskey della Jack Daniel’s e che ha dato 246 bottiglie. Il malto – che arriva dalla Scozia – è torbato a 80 ppm e ha passato sei anni abbondanti in legno a Bunker City, il complesso di ex bunker della guerra fredda che si trova a pochi km da Rudenau, il paesino della Baviera francona dove sorge la distilleria.
Vediamo com’è. Il colore è un bell’oro chiaro brillante.
N: subito due poli si contendono il naso: da un lato la torba, senza compromessi, evidente, bruciata e allo stesso tempo fresca (eucalipto e soprattutto un senso di foresta di conifere); dall’altro una dolcezza croccante di confetto, cereali della prima colazione e limone candito. Anche ananas candito a dirla tutta. E’ come se in una tazza con yogurt, corn-flakes e marmellata di limone qualcuno avesse scenerato una Marlboro al mentolo. L’alcol, seppur presente, non è contundente e non copre i profumi. Buccia di mela verde e muschio bianco, sempre avvolti da un fumo acre e spesso. Biscotti al cocco e vaniglia non mancano. Sa di inverno mite davanti al camino in una baita nel bosco. Qualcuno griglia pure dei wurstel, da qualche parte. Speriamo non li mettano nello yogurt della colazione… L’acqua amplifica la parte cremosa e dolce.
P: dopo un fugace baleno di dolcezza si abbatte con furiosissimo sdegno la vendetta dei 60 gradi in modalità “Ezechiele, 25:17” di Pulp Fiction. Eppure la raffica non è fuori luogo, perché altrettanto poderosa è la torba, ora ferocemente bruciata, post-industriale, tra smog e cenere di altoforno. Il distillato è scattante, ci sono screziature di limone, di pera. Poi una dolcezza di porridge si fa strada fra le macerie di questo conflitto fra titani tra gradazione e torbatura. Zenzero, albedo di pompelmo, una freschezza in crescendo da pastiglie Fisherman’s. Diluito, la spezia non cede, ma emerge più distintamente l’anima erbacea e vagamente amaricante.
F: si ricompone dopo il bombardamento per un finale lungo, con erba bruciata, sorbetto al limone e cotognata. Caffè di cicoria zuccherato.
Parental advisory: non è un whisky accogliente. Non è pensato per esserlo, dato che è giovane, a grado altissimo e a 80 ppm. Se fosse morbido, avremmo un problema. Piuttosto, è un piccolo nucleo di potenza pura, quasi primordiale. Un torbato diretto come un destro alla mandibola, come un bolide nel sette, come… Va beh, anche basta con le similitudini. Ci piace pensare che sia un whisky da esploratori, da appassionati che vogliono spingersi oltre le Colonne d’Ercole del gusto ordinario e sondare l’ignoto. Che sarà anche selvaggio e difficile, ma sa regalare esperienze che non si dimenticano. Il voto per ovvie ragioni non lo mettiamo, ma per i più curiosi qui il link per acquistarlo.
Sottofondo musicale consigliato: Rammstein – Deutschland
