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“whisky tour of the world”: girone c (Inghilterra-Svezia-Canada)

Siamo ancora davanti alla tv – pardon, ai bicchieri – per un’altra straordinaria giornata di sfide internazionali. Il clamoroso “Whisky tour of the world”, il cofanetto di Gravity Drinks con 24 campioni di distillati da tutto il mondo, è nelle nostre avide mani, e dopo le prime sei recensioni del primo “volume” (Anticipation), ora passiamo al secondo, Exploration.

Cotswolds Virgin oak (2024, OB, 46%)
Distilleria magnifica in una delle zone più pittoresche d’Inghilterra. Questa particolare espressione matura in botti nuove. C: oro scuro. N: molto profumato, con una bella festa olfattiva di mele, pere, vaniglia e una valanga di cocco (il virgin oak). Ha uno sprint aromatico particolare, croccante nella frutta, dolce senza esondare nella parte zuccherina. C’è anche dell’ananas sciroppato, ma tutto risulta fresco, ben bilanciato. Té bianco e un filo di fumo che forse è solo il legno tostato. P: l’impatto è immediatamente facile, ma dopo pochissimo si percepisce la struttura. Ancora mele cotte, caramello, tarte tatin alla cannella. Con del gelato alla vaniglia, per chiudere il cerchio. Anzi, il gelato è alla Malaga, forse. Piacevole, con un malto rotondo e un impatto del legno non esagerato. F: meno corto del previsto, con un legno dolce in crescendo e del pepe rosa a chiudere.
Nel suo genere, uno dei whisky più piacevoli che ci ricordiamo. Non è labirintico né cerebrale, ma è una goduria diretta, come un hamburger ben fatto, una pizza ben lievitata quando si ha fame. Risponde alla domanda basica di un appassionato: un whisky da bere, a tazze, e con soddisfazione. Per questo (e per l’uso intelligente del virgin oak) diamo un alto 87/100.

Mackmyra Svensk Ek (2023, OB, 46.1%)
Andiamo nella patria di Ibrahimovic per assaggiare uno dei capisaldi del core range della distilleria Mackmyra, che ahinoi recentemente naviga in acque finanziariamente travagliate. Il single malt qui invecchia in botti di rovere locale. C: oro carico. N: se il rovere dà il nome all’imbottigliamento, è fisiologico e doveroso che si senta il suo impatto. E in effetti il legno spinge: note di ceppi spaccati da nerboruti boscaioli scandinavi, eucalipto, menta e perfino anice stellato, netto. La freschezza è estrema quanto l’impatto del barile. Resina di larice, un guizzo di alcol di troppo. La frutta non è protagonista, una timida pera se ne sta sotto queste note di legno smaltato. P: qui il corpo non è altrettanto apprezzabile. Rispetto al Cotswolds, il distillato è più sugli scudi, con il suo portato alcolico. E il legno è anche più aggressivo. Una dimensione citrica e piccante (zenzero candito) si accompagna al malto e a un tocco lattico. Un po’ a metà strada. F: cortino, con legno e albedo di agrume. Non cattivo, ma neanche molto interessante.
Giovane e molto legnoso. Comprendiamo l’intento pedagogico, cioè voler mostrare al mondo di cosa sa un barile di quercia svedese. Epperò ora che lo sappiamo anche a posto così. Gli manca una compiutezza, rimane molto giovane e alcune striature amarognole non ci fanno impazzire: 79/100.

Macaloney Washington peat single cask (2023, OB, 46%)
Andiamo dall’altra parte del mondo, ovvero sulla costa Pacifica del Canada. Di Macaloney assaggeremo presto il core range, nel frattempo beviamo questo single cask: botte STR ex vino rosso portoghese. Ah, è un torbato, con torba locale. C: ambra. N: legno e creosoto, ha un livello di combustione che non sentiamo spesso neppure in certi Octomore. Semplicemente è acre, ma acre come può esserlo una casa rasa al suolo da un incendio, lo smog da copertoni bruciati. Insomma, è sporco, alcolico e riarso. Sotto questo inferno di fiamme apocalittiche ci sono fruttini rossi caramellati e un qualcosa di erbe, ovviamente anch’esse divorate dal fuoco. P: caramello in primis, poi si spalanca un certo vuoto palatale che fa presto spazio alla torba bruciata di prima. Rispetto al naso, cresce la frutta rossa (gelée di fragola e lampone) e fa capolino un tocco sapido: caramelle salate ai frutti rossi. Non esistono? Sapidità e dolcezza si accavallano, ma è senz’altro la dolcezza estrema a stravincere: banana flambé. F: un filo artificiale e scomposto, da una parte la cenere e dall’altra il caramello.
Come dicevamo sopra, di Macaloney ne abbiamo recentemente assaggiati alcuni e ci sentiamo di dire che questo single cask è eccentrico rispetto allo stile della distilleria. Qui siamo un po’ sui terreni della sperimentazione e dell’eccesso, che per carità sono sempre legittimi nei single cask, ma si mette in conto che il profilo così divisivo possa non piacere: noi non lo abbiamo amato, 80/100.

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